Il coaching per i giovani: una spalla su cui appoggiarsi
In questi giorni, mio nipote Pietro Paolo, 12 anni, ha vissuto un’esperienza straordinaria: è andato a Roma con la banda musicale in cui suona la tromba e ha incontrato Papa Francesco. Tra tutti i ragazzi presenti, Pietro è quello che ha avuto il coraggio di appoggiare la mano sulla spalla del Papa.
Un gesto che può sembrare semplice, ma che è in realtà profondo e significativo. Mi piace pensare che in quel momento abbia detto:
"Ehi Francesco, come andiamo? Dai, mòla mia…" (non mollare).
Ripenso spesso a quest’estate, quando abbiamo trascorso tre settimane in montagna. Tra camminate nei boschi, notte nei rifugi e panorami mozzafiato, abbiamo fatto coaching. Abbiamo parlato di autoconsapevolezza, di fiducia in sé stessi e di come affrontare le sfide con coraggio e un pizzico di sfacciataggine positiva.
Quel gesto – appoggiare la mano sulla spalla del Papa – non è scontato. È frutto di un percorso che aiuta a credere nei propri mezzi e ad agire con autenticità. Mi piace pensare che i semi piantati durante le nostre chiacchierate abbiano contribuito a quel momento speciale.
Ecco perché credo profondamente che il coaching, anche per i più giovani, possa fare la differenza. Non si tratta solo di trasmettere strumenti, ma di aiutare a scoprire e valorizzare ciò che già esiste dentro di loro.
Vi lascio con una domanda: quanto può essere potente il coaching nell’accompagnare i giovani a vivere esperienze come questa, con il coraggio di esprimersi e fare la differenza?
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