Da una postazione provvisoria, una lezione stabile

Pubblicato il 24 novembre 2025 alle ore 07:00

Da qualche giorno sto lavorando dalla mia nuova postazione provvisoria.
Una scrivania semplice, una luce calda, due libri appoggiati davanti al computer: La calma di Paul Wilson e Il piccolo libro dello stress di Rohan Candappa. Due titoli che messi così, uno accanto all’altro, fanno quasi sorridere. Eppure raccontano una verità: nella vita convivono sempre ciò che ci stabilizza e ciò che ci mette alla prova.

Davanti a me ho anche una porta aperta. È lì, di fronte alla scrivania, come un piccolo promemoria quotidiano: ogni cambiamento ha bisogno di spazio per passare.
E questo vale non solo quando ci si trasferisce in una casa nuova, ma anche quando ci si sposta in una fase diversa della propria vita. La provvisorietà, se la guardi bene, non è un limite: è un movimento.

In questi giorni mi sto accorgendo di una cosa semplice, ma fondamentale: non serve aspettare le condizioni perfette per iniziare.
Anzi, spesso è proprio quando qualcosa è “non ancora definitivo” che ritrovi lucidità, presenza e una forma nuova di energia.

Il cambiamento non chiede perfezione: chiede disponibilità.

Nel coaching, questo lo vedo ogni giorno. Chi si siede di fronte a me non ha bisogno di promesse o magie: ha bisogno di affiancamento, di uno spazio aperto in cui poter osservare ciò che sta cambiando, e scegliere come attraversarlo.

E forse è per questo che questa postazione provvisoria mi piace così tanto. Perché mi ricorda che la crescita non si attiva quando tutto è al posto giusto… ma quando noi decidiamo di esserci, anche mentre le cose trovano il loro posto.

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