La strada verso l’obiettivo
Durante un incontro online tra coach provenienti da tutta Italia, sono emerse opinioni contrastanti su cosa rappresenti davvero il coaching e su quali valori lo definiscano.
C’era chi sosteneva che un buon coach debba essere disponibile ad ascoltare anche chi utilizza l’incontro preliminare solo come sfogatoio, o che debba dare speranza e conforto a chi si sente solo.
Una visione rispettabile, certo, ma non condivisibile per chi(come me) vede il coaching come un percorso di crescita concreto e orientato all’azione.
In questa prospettiva, il coach non è un amico, un confessore o uno psicologo, ma un professionista che lavora insieme al cliente per raggiungere un obiettivo chiaro e misurabile.
Il coach non dà speranza, non consola, non colma vuoti emotivi.
Il coach accompagna, stimola e fa emergere risorse per aiutare il cliente a muoversi verso ciò che desidera realizzare.
Senza un obiettivo definito, non si può parlare di coaching: si tratta di una conversazione, certamente utile, ma di tutt’altra natura.
Il tema è emerso da un episodio concreto: durante una sessione preliminare gratuita, un coach ha compreso che la persona di fronte a lui non era pronta per un percorso e ha avuto la lucidità di dirglielo apertamente:il coaching non è funzionale per te in questo momento.
Un gesto che, a mio avviso, rappresenta il vero coaching: rispetto, chiarezza e coerenza.
E tu, come vedi il confine tra ascolto e coaching autentico?
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